L’allergia riconosce un’eziologia complessa e articolata : atopia, esposizione, sensibilizzazione. Solo considerando nella sua globalità l’eziopatogenesi dell’allergia si può avere una chance di sconfiggere questa malattia. Negli ultimi decenni malattie come asma allergica, rinocongiuntivite allergica, dermatite atopica, orticaria. Un tempo considerate forme relativamente rare, hanno visto aumentare la loro incidenza in maniera drammatica. La prevalenza delle malattie allergiche nei paesi a sviluppo industriale interessa, in talune zone, il 20% della popolazione. In particolare, la dermatite atopica nella popolazione infantile è passata dal 3% degli anni ’60 al 15% attuale; anche la rinite allergica è in costante crescita (20-30% della popolazione) così come del 10% è la prevalenza dell’asma allergica. Attraverso un’azione selettiva sul network delle citochine e agendo sui recettori di superficie dei linfociti, si è in grado di riequilibrare la bilancia Th1-Th2. Con questa rimodulazione è possibile agire a monte sul quadro atopico dell’individuo allergico. Nell’allergico il primo contatto dell’allergene con i linfociti Th2 provoca la secrezione di interleuchine “allergiche” nel senso che talune (IL-4 in particolare) attivano i linfociti B per la produzione di grosse quantità di IgE, altre ( IL-5 in particolare ) attivano gli eosinofili. Le IgE, fissandosi sulla superficie di mastociti e basofili, danno luogo al fenomeno della sensibilizzazione. Ad una seconda penetrazione dell’allergene nell’organismo il suo legame con l’estremità libera dell’IgE scatenerà la liberazione dei mediatori chimici dell’allergia e la conseguente manifestazione clinica. Non potendo impedire al soggetto allergico il contatto con l’allergene, l’unica strada percorribile appare quella di intervenire sul suo sistema immunitario, attraverso un’induzione controllata verso gli allergeni. La soluzione è molto semplice; somministrare piccole quantità di allergeni ( pollini, inalanti, muffe, alimenti e altro) per permettere al sistema immunitario di imparare a tollerarli, senza scatenare contro di essi l’abnorme produzione di IgE. La terapia immunomodulante viene eseguita con il trattamento E.P.D. ( Enzyme Potentiated Desensitization, ossia allergeni a basse dosi + enzima Beta glicuronidasi). Consiste nella inoculazione intradermica nell’avambraccio di dosi estremamente basse di allergeni insieme alla Beta glicuronidasi purificata che viene estratta da un mollusco (Obalone) o dalla cresta del gallo. Questo enzima è presente fisiologicamente nell’organismo umano con la funzione di “messaggero” nella fase di presentazione dell’ allergene al T linfocita da parte del macrofago. Il meccanismo d’azione ipotizzato sarebbe quello di ottenere un incremento del numero dei linfociti T soppressori già nel giro di due-tre settimane con induzione di non- risposta al successivo contatto massivo con l’allergene. La suddetta desensibilizzazione si può praticare due volte l’anno, generalmente lontano dal picco di sovra esposizione ( ottobre/novembre e febbraio/marzo). Le prime sei somministrazioni vengono praticate nell’arco di tre anni per poi continuare con una singola somministrazione annuale di richiamo per qualche anno. Dal giorno prima della terapia evitare tutti gli spray nasali e/o orali, Aspirina, Voltaren, Tachipirina, Bactrim, Montelukast, Zaditen. In caso di crisi allergica si può somministrare antistaminici e cortisonici per os. Si può affiancare la desensibilizzazione secondo McEwen con la somministrazione di zinco, acido folico e vitamina D nelle settimane immediatamente seguenti al trattamento secondo il seguente schema:
Lo zinco è conosciuto essere una parte dell’ormone timico (timosina) che influenza la maturazione dei linfociti T; alte dosi di timosina inducono la maturazione dei T suppressor che modulano la risposta immune. Basse dosi di ormone (timosina) inducono la proliferazione di T helper che aumentano la produzione di anticorpi e la risposta allergica. Non è ancora stabilito se l’incremento di zinco possa effettivamente migliorare la produzione di timosina, ma ovviamente la stessa sarà ridotta nel deficit di zinco. Dal momento che le malattie allergiche sono probabilmente associate con un basso tenore di zinco, si costituisce un ciclo vizioso. Lo zinco è inoltre necessario per l’enzima che forma la 5-idrossi-triptamina nel cervello. Conseguentemente il deficit di zinco potrebbe contribuire ad una ulteriore accentuazione del meccanismo di depressione psicologica. Lo zinco, insieme al magnesio, sembra potenziare l’azione della vitamina B6. L’acido folico viene usato nell’organismo come coenzima nella sintesi degli acidi nucleici e per molte altre attività metaboliche. L’acido folico accelera la risposta all’EPD. Le malattie come l’eczema tendono a rispondere più rapidamente se al paziente viene somministrato l’acido folico. E’ possibile che la sua ridotta disponibilità limiti il numero di linfociti T suppressor generata da ogni dose di EPD. La vitamina D è un ormone steroideo ed è chimicamente simile agli ormoni sessuali e aumenta la quota dei linfociti T suppressor maturi. L’EPD stimola sia la moltiplicazione dei linfociti T sia la loro maturazione in suppressor sia la maturazione delle cellule figlie che continua per un periodo minimo di due settimane dopo il trattamento. La vitamina D può influenzare questo meccanismo aumentando i tempi di efficacia maturativi del trattamento e viene certamente migliorato clinicamente il risultato terapeutico somministrando vitamina D per le due settimane dopo il trattamento. Le ricerche sperimentali e cliniche sul trattamento secondo McEwen sono iniziati nel 1966 e numerosi sono stati i trials clinici. Molti studi hanno confermato l’azione inibente del trattamento sulla risposta immunologica specifica. La mia casistica clinica nell’utilizzo della terapia con l’EPD è in continuo aggiornamento. Dal lontano 1986, anno in cui feci la conoscenza del dottor Leonard McEwen, il mio impegno professionale è stato quello di arricchire il lavoro di ricerca e di applicazione clinica. Poter impiegare oggi una terapia che non ha mai fatto registrare effetti collaterali da parte dei pazienti allergici e rilevare una maggiore percentuale di successo terapeutico in tutti i casi trattati mi rende molto soddisfatto dall’aver collaborato a divulgare un metodo di cura in Italia efficace nel trattamento della malattia allergica che gli epidemiologi registrano in aumento ed invalidante.
Michael P. Osborne, MD HORMONE REPLACEMENT THERAPY (HRT) AND HEART DISEASE The Heart and Estrogen/progestin Replacement Study (HERS) found no overall reduction in the risk of coronary heart disease (CHD) in postmenopausal women who had a prior diagnosis of CHD. The trial randomized 2763 postmenopausal women with CHD to ~4 years of HRT or placebo. There were no significant overall decr